Il caso
La sezione lavoro del tribunale di Roma in sede di appello ha, per quanto in questa sede interessa, condannato l'Inps alla restituzione dei contributi indebitamenti versati dalla R.C.S. Editori s.p.a per l'ammontare di € 110.982,29, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, secondo gli indici ISTAT dei prezzi al consumo, dalla data di notificazione all'Inps dei ricorsi in opposizione ad alcuni decreti di ingiunzione fino al soddisfo. Tali decreti erano stati emessi nei confronti della R.C.S. Editori su istanza dell'Inpgi-Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani "Giovanni Amendola", per il pagamento di somme dovute per omesso versamento di contributi assicurativi e relative sanzioni civili relativamente a periodi compresi tra il 1980 ed il 1986
Ha ritenuto il tribunale che, secondo quanto affermato da Cass. n. 6420/2001, ai fini del risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria ex art. 1224, comma 2, cod. civ., la semplice qualità di imprenditore del creditore rileva come elemento presuntivo idoneo a far ritenere che la somma, se restituita tempestivamente, sarebbe stata reinvestita nell'attività produttiva, con conseguente neutralizzazione degli effetti della svalutazione monetaria.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'Inps.
La sezione lavoro del tribunale di Roma in sede di appello ha, per quanto in questa sede interessa, condannato l'Inps alla restituzione dei contributi indebitamenti versati dalla R.C.S. Editori s.p.a per l'ammontare di € 110.982,29, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, secondo gli indici ISTAT dei prezzi al consumo, dalla data di notificazione all'Inps dei ricorsi in opposizione ad alcuni decreti di ingiunzione fino al soddisfo. Tali decreti erano stati emessi nei confronti della R.C.S. Editori su istanza dell'Inpgi-Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani "Giovanni Amendola", per il pagamento di somme dovute per omesso versamento di contributi assicurativi e relative sanzioni civili relativamente a periodi compresi tra il 1980 ed il 1986
Ha ritenuto il tribunale che, secondo quanto affermato da Cass. n. 6420/2001, ai fini del risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria ex art. 1224, comma 2, cod. civ., la semplice qualità di imprenditore del creditore rileva come elemento presuntivo idoneo a far ritenere che la somma, se restituita tempestivamente, sarebbe stata reinvestita nell'attività produttiva, con conseguente neutralizzazione degli effetti della svalutazione monetaria.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'Inps.
Massime/principi di diritto tratte dalla decisione
1. Nelle obbligazioni pecuniarie, in difetto di discipline particolari dettate da norme speciali, il maggior danno di cui all'art. 1224, comma 2, cod. civ. (rispetto a quello già coperto dagli interessi legali moratori non convenzionali che siano comunque dovuti) è in via generale riconoscibile in via presuntiva, per qualunque creditore che ne domandi il risarcimento - dovendo ritenersi superata l'esigenza di inquadrare a tale fine il creditore in una delle categorie a suo tempo individuate -, nella eventuale differenza, a decorrere dalla data di insorgenza della mora, tra il tasso del rendimento medio annuo netto dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi ed il saggio degli interessi legali determinato per ogni anno ai sensi del primo comma dell'art. 1284 cod. civ.;
2. è fatta salva la possibilità del debitore di provare che il creditore non ha subito un maggior danno o che lo ha subito in misura inferiore a quella differenza, in relazione al meno remunerativo uso che avrebbe fatto della somma dovuta se gli fosse stata tempestivamente versata;
3. il creditore che domandi a titolo di maggior danno una somma superiore a quella differenza è tenuto ad offrire la prova del danno effettivamente subito, quand'anche sia un imprenditore, mediante la produzione di idonea e completa documentazione, e ciò sia che faccia riferimento al tasso dell'interesse corrisposto per il ricorso al credito bancario sia che invochi come parametro l'utilità marginale netta dei propri investimenti;4. in entrambi i casi la prova potrà dirsi raggiunta per l'imprenditore solo se, in relazione alle dimensioni dell'impresa ed all'entità del credito, sia presumibile, nel primo caso, che il ricorso o il maggior ricorso al credito bancario abbia effettivamente costituito conseguenza dell'inadempimento, ovvero che l'adempimento tempestivo si sarebbe risolto nella totale o parziale estinzione del debito contratto verso le banche; e, nel secondo, che la somma sarebbe stata impiegata utilmente nell'impresa.
Norme rilevanti
Art. 1224 cod. civ.
Danni nelle obbligazioni pecuniarie.
[I]. Nelle obbligazioni che hanno per oggetto una somma di danno sono dovuti dal giorno della mora gli interessi legali, anche se non erano dovuti precedentemente e anche se il creditore non prova di aver sofferto alcun danno. Se prima della mora erano dovuti interessi in misura superiore a quella legale, gli interessi moratori sono dovuti nella stessa misura.
[II]. Al creditore che dimostra di aver subito un danno maggiore spetta l'ulteriore risarcimento. Questo non è dovuto se è stata convenuta la misura degli interessi moratori.
Art. 1284 cod. civ. (1)
Saggio degli interessi.
[I]. Il saggio degli interessi legali è determinato in misura pari al 3 per cento (2) in ragione d'anno. Il Ministro del tesoro, con proprio decreto pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana non oltre il 15 dicembre dell'anno precedente a quello cui il saggio si riferisce, può modificarne annualmente la misura, sulla base del rendimento medio annuo lordo dei titoli di Stato di durata non superiore a dodici mesi e tenuto conto del tasso di inflazione registrato nell'anno. Qualora entro il 15 dicembre non sia fissata una nuova misura del saggio, questo rimane invariato per l'anno successivo [1612 trans.] (3).
Omissis
Articolo così sostituito dall'art. 1 l. 26 novembre 1990, n. 353.
Con d.m. 12 dicembre 2007 (G.U. 15 dicembre 2007, n. 291) il saggio degli interessi legali a decorrere dal 1° gennaio 2008 è stato determinato nel 3% in ragione d'anno.
Comma così sostituito dall'art. 2, comma 185, della l. 23 dicembre 1996, n. 662.
Altre decisioni rilevati
La sentenza delle Sezioni Unite interviene a sanare un contrasto giurisprudenziale in ordine alla sufficienza della qualità di imprenditore del creditore ai fini della presumibilità di impieghi antinflattivi della somma non tempestivamente versata dal debitore.
A) primo orientamento:
- è sufficiente dedurre la qualità di imprenditore per ritenere provato, per effetto di presunzione collegata alla qualità professionale, il maggior danno in questione (vengono citate dall’ordinanza di remissione alle Sezioni Unite: Cass., s.u. n. 2318/83, sez. I n. 1403/98, sez. I n. 5732/99, sez. II n. 409/00, sez. II n. 1770/01, sez. lav. n. 6420/01, sez. lav. n. 10304/02, sez. lav. n. 2113/03, sez. III n. 58/04, sez. III n. 13829/04, sez. III n. 14767/04, sez. III n. 20807/04, sez. I n. 4885/06, sez. II n. 5860/06);
B) secondo orientamento:
- il pur legittimo ricorso al notorio ed a presunzioni non può prescindere dall'assolvimento, da parte del creditore, ancorché appartenente ad una categoria soggettiva come quella degli imprenditori, di un onere quantomeno di allegazione, che consenta al giudice di verificare se, tenuto conto delle sue qualità personali e dell'attività in concreto esercitata, il particolare danno lamentato possa essersi verosimilmente prodotto (vengono citate dall’ordinanza di remissione alle Sezioni Unite: Cass., sez. un. n. 2564/84, sez. un. n. 2368/86, sez. II n. 5678/99, sez. lav. n. 1036/02, sez. lav. n. 14970/02, sez. I n. 10860/03, sez. lav. n. 12634/04, sez. I, n. 2613/06, sez. lav. n. 6153/06).
Nessun commento:
Posta un commento