venerdì 3 aprile 2009

T.A.R. Lombardia, II, 29 dicembre 2008, n. 6188

Il Caso
Alcuni proprietari di abitazioni situate nelle vicinanze di una proprietà sulla quale si stava eseguendo un intervento edilizio fondato su una denuncia di inizio attività (D.I.A.) segnalarono al Comune alcune irregolarità. L’amministrazione eseguì alcuni controlli ma non rilevò nulla di illegittimo. A questo punto, la D.I.A. e gli atti di accertamento del Comune furono impugnati e il T.A.R. adito ha pronunciato la sentenza che, incidentalmente, tratta il tema dell’impugnabilità della D.I.A. oggetto del presente post.

Massime estratte dalla decisione
1. Gli atti amministrativi emessi nell’esercizio del potere di controllo dell’attività edilizia sono impugnabili e consentono un sindacato ad ampio spettro sulla legittimità dell’intervento edilizio avviato con la denuncia di inizio attività, che il Comune non ha ritenuto di interdire, né di reprimere.
2. Tra gli indirizzi giurisprudenziali concernenti i mezzi di tutela del terzo leso dalla denuncia di inizio attività (D.I.A.) sembra in via di consolidamento quello favorevole alla diretta impugnabilità della D.I.A..

Note in materia di tutela dei terzi a fronte di intervento edilizio realizzato sulla base di una denuncia di inizio attività (D.I.A.)
E’ noto che al riguardo si possono individuare due indirizzi fondamentali, che differiscono per la diversa natura attribuita alla D.I.A.:
a) la D.I.A. costituisce atto di parte, non assimilabile ad un provvedimento amministrativo, come tale non direttamente impugnabile, per cui il terzo, secondo alcune pronunce, dovrebbe sollecitare l’amministrazione all’emanazione di provvedimenti sanzionatori e in caso di inerzia tutelarsi ricorrere avverso il silenzio ai sensi dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241; secondo altre decisioni dovrebbe promuovere un’azione di accertamento autonomo.
Sono espressione di tale orientamento:
 T.A.R. Lombardia, II, 15 novembre 2007, n. 6361, secondo cui: “In materia di denuncia di inizio attività edilizia, decorso il termine decadenziale senza l'esercizio del potere inibitorio, il terzo (estraneo sul piano della qualificazione degli interessi) che si oppone all'intervento può chiedere all'Amministrazione di esercitare il distinto potere sanzionatorio-repressivo degli abusi edilizi previsto dagli artt. 27 e segg. T.U. 6 giugno 2001 n. 380 ricorrendo, in caso di inerzia, alla procedura del silenzio ai sensi dell'art. 21 bis L. 6 dicembre 1971 n. 1034, con la conseguenza che l'accertamento dell'illegittimità di tale silenzio non ha per oggetto il potere inibitorio, da cui la P.A. è decaduta, ma il detto potere sanzionatorio”.
 T.A.R. Lombardia, II, 10 maggio 2007, n. 2894: “ Premesso che, pur dopo le modifiche apportate all'art. 19 comma 3 L. 7 agosto 1990 n. 241 dall'art. 3 L. 14 maggio 2005 n. 80, la denuncia di inizio attività edilizia ha natura di atto privato e di strumento di liberalizzazione delle attività, per cui, in presenza delle condizioni previste dalla legge l'ordinamento riconosce effetti tipici corrispondenti a quelli propri del permesso di costruire (e cioè, l'abilitazione all'esecuzione dell'intervento edilizio), tale declaratoria non è impugnabile direttamente e non può formare oggetto di domanda di annullamento, con la precisazione che a fronte del decorso del termine decadenziale entro il quale l'Amministrazione può esercitare, il potere d'inibizione della relativa attività, ai sensi dell'art. 23 commi 1 e 6 T.U. 6 giugno 2001 n. 380, il terzo che si oppone all'intervento può chiedere alla P.A. di esercitare il distinto potere sanzionatorio-repressivo degli abusi edilizi previsto dagli artt. 27 e segg. T.U. n. 380 cit. e, in caso di inerzia, può fare ricorso alla procedura del silenzio-rifiuto a norma dell'art. 21 bis L. 6 dicembre 1971 n. 1034.
 Consiglio di Stato, V, 19 giugno 2006, n. 3586: “ La denuncia di inizio attività si configura come atto di iniziativa privata e la legittimazione all’esercizio dell’attività non è fondata su un atto di consenso dell’Amministrazione, ma trova la propria fonte direttamente nella legge”.
 T.A.R. Campania, Napoli, IV, 28 aprile 2006, n. 3858: “ La denuncia di inizio attività edilizia si pone come atto di parte che consente al privato di realizzare un determinato intervento a seguito dell’inutile decorso di un termine di trenta giorni, cui è legato (a pena di decadenza) il potere dell’Amministrazione di verificare l’esistenza dei presupposti per il ricorso alla d.i.a. e il connesso potere di inibire l’esecuzione di tale intervento, con la conseguenza che, nel caso di mancato esercizio di tale potere, da un lato non si forma alcun provvedimenti di silenzio-assenso suscettibile di impugnazione e, dall’altro, la tutela del terzo che si oppone all’esecuzione dell’intervento passa attraverso la procedura disciplinata dall’art. 21 bis L. 6 dicembre 1971 n. 1034…”.
 Consiglio di Stato, VI, 9 febbraio 2009, n. 717, secondo cui, la D.I.A. costituisce atto di parte, non assimilabile ad un provvedimento amministrativo e pertanto lo strumento di tutela a disposizione del terzo va identificato nell’azione di accertamento diretta a verificare l’insussistenza dei presupposti per svolgere l’attività oggetto di D.I.A..
b) la D.I.A. costituisce una fattispecie provvedimentale a formazione implicita, per cui il terzo può impugnare l’atto di controllo positivo ricavabile dallo scadere del termine di 30 giorni, in assenza di intervento inibitorio della pubblica amministrazione. Espressione di tale orientamento sono le seguenti decisioni:
 Consiglio di Stato, IV, 25 novembre 2008, n. 5811: “L’atto di comunicazione dell’avvio dell'attività, a differenza di quanto accade nel caso del c.d. silenzio-assenso, disciplinato dall'articolo 20 della legge n. 241-1990, non è una domanda, ma una informativa, alla quale è subordinato l'esercizio del diritto. Ed il provvedimento, rispetto al quale l'amministrazione potrà esercitare poteri di autotutela (non solo vincolati a carattere repressivo, ma anche discrezionali di secondo grado, come oggi espressamente previsto dal secondo periodo del comma 3 del nuovo art. 19 T.U. edilizia), si forma con l’esperimento di un ben delineato modulo procedimentale, all’interno del quale la d.i.a. costituisce pur sempre una autocertificazione della sussistenza delle condizioni stabilite dalla legge per la realizzazione dell’intervento, sulla quale la P.A, svolge una attività eventuale di controllo, al tempo stesso prodromica e funzionale al formarsi, a séguito del mero decorso di detto periodo di tempo (e non, dunque, dell’effettivo svolgimento della attività medesima), del titolo necessario per il lecito dispiegarsi della attività del privato. Nel caso di d.i.a., anche dopo il decorso del termine di trenta giorni previsto per la verifica dei presupposti e requisiti di legge, l'Amministrazione non perde i propri poteri di autotutela, né nel senso di poteri di vigilanza e sanzionatorii né nel senso di poteri espressione dell’esercizio di una attività di secondo grado (estrinsecantisi nell’annullamento d’ufficio e nella revoca); mentre i terzi, che si assumano lesi dal silenzio prestato dall’Amministrazione a fronte della presentazione della d.i.a., si potranno gravare legittimamente non avverso il silenzio stesso, ma, nelle forme dell’ordinario giudizio di impugnazione, avverso il titolo, che, formatosi e consolidatosi nei modi di cui sopra, si configura in definitiva come fattispecie provvedimentale a formazione implicita”.
 Consiglio di Stato, IV, 29 luglio 2008, n. 3742: “La denuncia di inizio attività edilizia, che consente al privato di conseguire un titolo abilitativo a seguito del decorso di trenta giorni dalla presentazione, ha natura provvedimentale e può essere direttamente impugnata entro l'ordinario termine di decadenza decorrente dalla comunicazione al terzo del perfezionamento della denuncia stessa o dall'avvenuta conoscenza del consenso implicito all'intervento. (cfr. Sez. VI 5 aprile 2007 n. 1550, in questa Rassegna 2007, I, 514)”.

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