mercoledì 18 marzo 2009

T.A.R. Lombardia, Milano, III, 19 novembre 2008, n. 5442

Caso
Una società, titolare di un software concernente la gestione integrata del sistema informativo comunale per il Settore dei Servizi socio-assistenziali partecipa ad una trattativa privata indetta da un comune.
Successivamente impugna gli atti di gara e l’aggiudicazione, contestando tra l’altro la violazione dell’art. 41 del R.D. n. 827 del 1924, nonché del d.P.R. n. 573/1994 e dell’art. 9 del D.lgs. n. 358/1992 nonché il vizio di eccesso di potere per violazione del corretto procedimento, per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, per carenza assoluta di istruttoria e per violazione dei diritti di privativa e tutela esistenti sul software della ricorrente, in quanto, ai sensi della vigente normativa nazionale e comunitaria, poiché il software chiesto dal Comune sarebbe stato protetto da un diritto di esclusiva, il predetto Comune avrebbe dovuto procedere ad acquistarlo direttamente dalla ricorrente a trattativa privata.

Massima estratta dalla decisione
Se è vero che nel processo amministrativo non si applica il principio generale, desumibile dagli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., secondo cui spetta a chi agisce in giudizio di provare i fatti posti a fondamento delle pretese avanzate e vige piuttosto la regola dell’onere del principio di prova, è però altrettanto vero che - nelle ipotesi in cui siano nella disponibilità della parte interessata gli elementi di prova atti a sostenerne la domanda giudiziale - il principio sull’onere della prova ex art. 2697 c.c. conserva integro il suo valore

Norme rilevanti
Articolo 2697 - Onere della prova.
[I]. Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento [115, 116 c.p.c.].
[II]. Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda.
Articolo 115 - Disponibilità delle prove.
[I]. Salvi i casi previsti dalla legge [1181 , 213, 240, 241, 257, 258, 4212 , 4372 ; 2736n. 2 c.c.], il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero [722 ].
[II]. Può tuttavia, senza bisogno di prova, porre a fondamento della decisione le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza.

Giurisprudenza correlata
T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 18 gennaio 2006, n. 324, secondo cui nel processo amministrativo vige la regola dell’onere del principio di prova;
Consiglio di Stato, V, 26 maggio 2003 n. 1843, secondo cui il ricorrente deve fornire un indizio di prova che consenta l’innesco del potere ufficioso del giudice;
Consiglio di Stato, VI, 2 marzo 2004, n. 973; secondo cui: l'istruzione probatoria nel processo amministrativo di legittimità è governata, com'è noto, dal c.d. principio dispositivo attenuato dal metodo acquisitivo. In base a tale principio sul ricorrente non grava "l'onere della prova", come accade nel processo civile, ma "l'onere del principio di prova", nel senso che egli è tenuto semplicemente a prospettare al giudice adito una ricostruzione attendibile sotto il profilo di fatto e giuridico delle circostanze addotte, potendo il giudice acquisire d'ufficio gli elementi probatori indicati dalle parti ovvero ritenuti comunque necessari. Il c.d. principio dispositivo attenuato con metodo acquisitivo si giustifica in ragione della disponibilità degli elementi probatori in capo alla p.a. nel processo amministrativo di legittimità. Laddove tali elementi rientrino nella disponibilità del ricorrente, come accade nel giudizio risarcitorio, ove soprattutto (se non esclusivamente) l'istante è a conoscenza di quali danni ha subito ed è in possesso degli elementi idonei a provarli, il privato deve supportare la propria domanda dimostrando la sussistenza del danno medesimo (il metodo acquisitivo può essere utilizzato unicamente quando siano stati allegati tali fatti, ma il privato, per la sua posizione di disparità sostanziale con l'amministrazione, non sia in grado di provarli).

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