giovedì 3 marzo 2011

Il caso
Con sentenza n. 623/2007 il Tar per la Puglia, sezione di Lecce, ha respinto il ricorso proposto dal un privato che aveva chiesto la condanna del comune di Leporano al risarcimento dei danni derivanti dall’illegittimo ritardo nel rilascio del permesso di costruire in variante, richiesto dal ricorrente in data 27.12.2001. In particolare l'amministrazione, sebbene ai primi di maggio 2002 l'istruttoria fosse ormai completa, ritardò l'emanazione del titolo edilizio fino al maggio 2004 e solo dopo che il richiedente propose ricorso avverso il silenzio ai sensi dell'art. 21-bis della Legge Tar allora vigente.
A fronte della reiezione della domanda di risarcimento il cittadino ha impugnato la relativa decisione al Consiglio di Stato, il quale ha ritenuto necessario disporre due consulenze tecniche d'ufficio ai fini di accertare i pregiudizi economici e psicologici patiti.

Norme rilevanti

Legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme sul procedimento amministrativo)

Art. 2 (Conclusione del procedimento)
(articolo così sostituito dall'articolo 7, comma 1, legge n. 69 del 2009)
1. Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso.
2. Nei casi in cui disposizioni di legge ovvero i provvedimenti di cui ai commi 3, 4 e 5 non prevedono un termine diverso, i procedimenti amministrativi di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali devono concludersi entro il termine di trenta giorni.
3. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, adottati ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri competenti e di concerto con i Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione e per la semplificazione normativa, sono individuati i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali. Gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza.
4. Nei casi in cui, tenendo conto della sostenibilità dei tempi sotto il profilo dell’organizzazione amministrativa, della natura degli interessi pubblici tutelati e della particolare complessità del procedimento, sono indispensabili termini superiori a novanta giorni per la conclusione dei procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, i decreti di cui al comma 3 sono adottati su proposta anche dei Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione e per la semplificazione normativa e previa deliberazione del Consiglio dei ministri. I termini ivi previsti non possono comunque superare i centottanta giorni, con la sola esclusione dei procedimenti di acquisto della cittadinanza italiana e di quelli riguardanti l’immigrazione.
5. Fatto salvo quanto previsto da specifiche disposizioni normative, le autorità di garanzia e di vigilanza disciplinano, in conformità ai propri ordinamenti, i termini di conclusione dei procedimenti di rispettiva competenza.
6. I termini per la conclusione del procedimento decorrono dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte.
7. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 17, i termini di cui ai commi 2, 3, 4 e 5 del presente articolo possono essere sospesi, per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, per l’acquisizione di informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati o qualità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni. Si applicano le disposizioni dell’articolo 14, comma 2.
8. La tutela in materia di silenzio dell'amministrazione è disciplinata dal codice del processo amministrativo.
(comma così sostituito dall'Allegato 4, articolo 3, comma 2, decreto legislativo n. 104 del 2010)
9. La mancata emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemento di valutazione della responsabilità dirigenziale.
Art. 2-bis. (Conseguenze per il ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento)
(articolo introdotto dall'articolo 7, comma 1, legge n. 69 del 2009)
1. Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento.
2. [Le controversie relative all'applicazione del presente articolo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni.] (comma abrogato dall'Allegato 4, articolo 4, del decreto legislativo n. 104 del 2010)
Art. 29 (Ambito di applicazione della legge)
(articolo così sostituito dall'articolo 19 della legge n. 15 del 2005)
Omissis...
2-bis. Attengono ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione le disposizioni della presente legge concernenti gli obblighi per la pubblica amministrazione di garantire la partecipazione dell’interessato al procedimento, di individuarne un responsabile, di concluderlo entro il termine prefissato e di assicurare l’accesso alla documentazione amministrativa, nonché quelle relative alla durata massima dei procedimenti.

Cfr. ora anche
Decreto Legislativo 2 luglio 2010 , n. 104 (Codice del Processo Amministrativo)
Art. 30 (Azione di condanna )
1. L'azione di condanna puo' essere proposta contestualmente ad altra azione o, nei soli casi di giurisdizione esclusiva e nei casi di cui al presente articolo, anche in via autonoma.
2. Puo' essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall'illegittimo esercizio dell'attivita' amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria. Nei casi di giurisdizione esclusiva puo' altresi' essere chiesto il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi. Sussistendo i presupposti previsti dall'articolo 2058 del codice civile, puo' essere chiesto il risarcimento del danno in forma specifica.
3. La domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi e' proposta entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si e' verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo. Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti.
4. Per il risarcimento dell'eventuale danno che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, il termine di cui al comma 3 non decorre fintanto che perdura l'inadempimento. Il termine di cui al comma 3 inizia comunque a decorrere dopo un anno dalla scadenza del termine per provvedere.
5. Nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la domanda risarcitoria puo' essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza.
6. Di ogni domanda di condanna al risarcimento di danni per lesioni di interessi legittimi o, nelle materie di giurisdizione esclusiva, di diritti soggettivi conosce esclusivamente il giudice amministrativo.

Massime estratte dalla decisione
1. Va riconosciuto il risarcimento dei danni derivanti dal colpevole ritardo nell'emanazione del provvedimento amministrativo favorevole. Nella specie il permesso di costruire in variante è stato rilasciato dopo oltre due anni dalla domanda e tale danno va ritenuto sussistente a decorrere dalla data in cui l’istruttoria sulla relativa domanda era completa, non potendosi giustificare il ritardo con le richieste istruttorie inviate dal Comune alla Soprintendenza dopo che quest’ultima aveva espresso il proprio parere favorevole (non sindacabile dal Comune) e tenuto conto peraltro che il rilascio del permesso di costruire in variante è intervenuto solo dopo la presentazione da parte del richiedente di un ricorso avverso il silenzio ai sensi dell’allora vigente art. 21-bis della L. Tar (ciò che conferma come nessun elemento ostativo sussisteva per il rilascio del provvedimento, avvenuto solo dopo la presentazione del ricorso e con due anni di ritardo).
2. Nei casi in cui il ritardo procedimentale ha determinato un ritardo nell'attribuzione del c.d. “bene della vita” la giurisprudenza è pacifica nell’ammettere il risarcimento del danno da ritardo (a condizione ovviamente che tale danno sussista e venga provato) e l’intervenuto art. 2-bis, comma 1, della legge n. 241/90, introdotto dalla legge n. 69/2009, conferma e rafforza la tutela risarcitoria del privato nei confronti dei ritardi delle p.a., stabilendo che le pubbliche amministrazioni e i soggetti equiparati sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento.
3. La norma dell'art. 2-bis, comma 1, della legge n. 241/90, introdotto dalla legge n. 69/2009 presuppone che anche il tempo è un bene della vita per il cittadino e la giurisprudenza ha riconosciuto che il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento, è sempre un costo, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione di piani finanziari relativi a qualsiasi intervento, condizionandone la relativa convenienza economica (Cons. Giust. Amm. reg. Sic., 4 novembre 2010 n. 1368, che, traendo argomenti dal citato art. 2-bis, ha aggiunto che il danno sussisterebbe anche se il procedimento autorizzatorio non si fosse ancora concluso e finanche se l’esito fosse stato in ipotesi negativo).
4. Per ogni ipotesi di responsabilità della p.a. per i danni causati per l’illegittimo esercizio (o, come nel caso di specie, mancato esercizio) dell’attività amministrativa, spetta al ricorrente fornire in modo rigoroso la prova dell'esistenza del danno, non potendosi invocare il c.d. principio acquisitivo perché tale principio attiene allo svolgimento dell'istruttoria e non all'allegazione dei fatti; se anche può ammettersi il ricorso alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. per fornire la prova del danno subito e della sua entità, è comunque ineludibile l'obbligo di allegare circostanze di fatto precise e quando il soggetto onerato della allegazione e della prova dei fatti non vi adempie non può darsi ingresso alla valutazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., perché tale norma presuppone l'impossibilità di provare l'ammontare preciso del pregiudizio subito, nè può essere invocata una consulenza tecnica d’ufficio, diretta a supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del privato
5. L'onere probatorio, come ha precisato la giurisprudenza del consiglio di Stato (Cons. Stato, V, 13 giugno 2008 n. 2967 e VI, 12 marzo 2004, n. 1261), può ritenersi assolto allorché il ricorrente indichi, a fronte di un danno certo nella sua verificazione, taluni criteri di quantificazione dello stesso, salvo il potere del giudice di vagliarne la condivisibilità attraverso l'apporto tecnico del consulente o, comunque, quando il ricorrente fornisca un principio di prova della sussistenza e quantificazione del danno (nel caso di specie l'onere probatorio era stato almeno in parte assolto avendo il ricorrente depositato in primo grado una serie di elementi probatori diretti a dimostrare la sussistenza del danno e il rapporto di causalità come relazione sul valore complessivo dell’immobile, bilanci di esercizio attestanti le perdite subite e perizia di parte circa il danno biologico subito a causa del protrarsi del ritardo dell’azione amministrativa).
6. In sede di determinazione del danno derivante dal ritardato rilascio di un permesso di costruire può farsi riferimento: a) agli interessi legali sulle somme che il ricorrente avrebbe ricavato dalla compravendita, se effettuata tempestivamente; b) agli interessi e spese per un finanziamento contratto presso un istituto bancario e che non sarebbe stato contratto o sarebbe stato subito estinto in caso di insussistenza del ritardo; c) all’importo dell’ICI, che il ricorrente ha continuato a pagare; d) alle spese sostenute nella causa promossa da un promittente compratore proprio per il ritardo nella stipula del contratto definitivo e per una riduzione del prezzo.
7. In sede di determinazione del risarcimento del danno da ritardo nell'emanazione del provvedimento favorevole può essere liquidato anche il danno biologico, il quale costituisce quell’aspetto del danno non patrimoniale che afferisce all’integrità fisica della persona, qualora sussista un nesso di causalità tra la patologia riscontrata ed il ritardo, benché fondato su valutazioni in parte probabilistiche. La quantificazione di tale danno va effettuata in via equitativa, tenendo anche conto della situazione psico-fisica del soggetto, della sua età e dei criteri di cui all’art. 139 del d.lgs. n. 209/2005.
Precedenti rilevanti
Sul giudice competente a decidere una azione di risarcimento del danno promossa per il colpevole ritardo del Comune nel rilascio di una concessione edilizia, cfr. Corte di Cassazione, Sezioni Unite, 31 marzo 2005)
In merito al costo del ritardo nella conclusione del procedimento cfr. Cons. Giust. Amm. reg. Sic., 4 novembre 2010 n. 1368, che, traendo argomenti dal citato art. 2-bis, ha aggiunto che il danno sussisterebbe anche se il procedimento autorizzatorio non si fosse ancora concluso e finanche se l’esito fosse stato in ipotesi negativo.
In merito all'onere probatorio cfr. Cons. Stato,. V, 13 giugno 2008 n. 2967 e VI, 12 marzo 2004, n. 1261, secondo cui la consulenza tecnica, pur disposta d'ufficio, non è certo destinata ad esonerare la parte dalla prova dei fatti dalla stessa dedotti e posti a base delle proprie richieste, fatti che devono essere dimostrati dalla medesima parte alla stregua dei criteri di ripartizione dell'onere della prova posti dall'art. 2697 c.c., ma ha la funzione di fornire all'attività valutativa del giudice l'apporto di cognizioni tecniche non possedute.
Sulla risarcibilità del danno non patrimoniale oltre i casi espressamente previsti dalla legge Cass. Sez. Unite, n. 26972, 26973, 26974 e 26975 dell’11 novembre 2008.

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