mercoledì 16 aprile 2008

Appalto

Consiglio di Stato, V, ordinanza 28 marzo 2008 n. 1328

La quinta sezione del Consiglio di Stato rimette all’adunanza plenaria alcune importanti questioni: in caso di annullamento del provvedimento di aggiudicazione di un appalto, a) qual è la sorte del contratto? b) a quale giudice appartiene la giurisdizione? c) sono applicabili gli artt. 23 e 25 c.c., in modo da fare salvi i diritti dell’impresa in buona fede che successivamente all’aggiudicazione abbia stipulato il contratto? d) è ammissibile in sede di cognizione, la condanna della pubblica amministrazione al rilascio di un provvedimento favorevole al ricorrente? e) quali sono i presupposti di applicabilità dell’art. 2058 c.c., per quanto riguarda il limite dell’eccessiva onerosità, al fine della reintegrazione in forma specifica del danno ingiusto, causato dalla pubblica amministrazione mediante l’illegittima aggiudicazione dell’appalto?



Norme rilevanti secondo l’ordine di trattazione nell’ordinanza di rimessione all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato

Art. 1425 c.c.
Incapacità delle parti.
[I]. Il contratto è annullabile se una delle parti era legalmente incapace di contrattare [ 2, 84, 85,427, 1441 ss., 1471 nn. 2 e 3].
[II]. È parimenti annullabile, quando ricorrono le condizioni stabilite dall'articolo 428, il contratto stipulato da persona incapace d'intendere o di volere [ 1191].

Art. 1427 c.c.
Errore, violenza e dolo.
[I]. Il contraente, il cui consenso fu dato per errore [ 1428, 1429, 1431], estorto con violenza [ 1434 ss.] o carpito con dolo [ 1439], può chiedere l'annullamento del contratto [ 1441 ss.] secondo le disposizioni seguenti [ 122, 624 comma 1 e 2].

Art. 1418 c.c.
Cause di nullità del contratto.
[I]. Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente [ 2126, 2332 comma 2].
[II]. Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall'articolo 1325, l'illiceità della causa [ 1343], la illiceità dei motivi nel caso indicato dall'articolo 1345 e la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'articolo 1346.
[III]. Il contratto è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge [ 160, 162, 458,778, 779, 785 comma 2] [ 788, 794, 1354,1471, 1472 comma 2, 1895,1904, 1972] [ 2103 comma 2, 2115,2265, 2332, 2379,2744].



LEGGE 21 luglio 2000, n. 205 (in Gazz. Uff., 26 luglio, n. 173). - Disposizioni in materia di giustizia amministrativa.

Articolo 6
Disposizioni in materia di giurisdizione.
[1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative a procedure di affidamento di lavori, servizi o forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale.] (1,2)
2. Le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto.
(1) Comma abrogato dall'articolo 256 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, con decorrenza 1° luglio 2006, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 257 del medesimo decreto.
(2) Cfr. ora l’art. 244 del Codice degli Appalti D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163


Art. 23 c.c.
Annullamento e sospensione delle deliberazioni.
[I] omissis.
[II]. L'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima [ 1445, 2377 comma 7].
Omissis

Art. 25 c.c.
Controllo sull'amministrazione delle fondazioni.
[I] omissis.
[II] L'annullamento della deliberazione non pregiudica i diritti acquistati dai terzi di buona fede in base ad atti compiuti in esecuzione della deliberazione medesima [ 1445, 2377 comma 6,2391 comma 3].
Omissis


LEGGE 6 dicembre 1971, n. 1034 (in Gazz. Uff., 13 dicembre, n. 314). - Istituzione dei tribunali amministrativi regionali (1).
(1) Per il regolamento di esecuzione della presente legge, vedi il D.P.R. 21 aprile 1973, n. 214.

TITOLO I - ISTITUZIONE E COMPETENZE DEI TRIBUNALI AMMINISTRATIVI REGIONALI
Art. 7.
Il tribunale amministrativo regionale esercita giurisdizione di merito nei casi preveduti dall'articolo 27 del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054, ed in quelli previsti dall'articolo 1 del testo unico 26 giugno 1924, n. 1058 (1).
Il tribunale amministrativo regionale esercita giurisdizione esclusiva nei casi previsti dall'articolo 29 del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054, e in quelli previsti dall'articolo 4 del testo unico 26 giugno 1924, n. 1058, e successive modificazioni, nonché nelle materie di cui all'articolo 5, primo comma, della presente legge.
Il tribunale amministrativo regionale, nell'ambito della sua giurisdizione, conosce anche di tutte le questioni relative all'eventuale risarcimento del danno, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, e agli altri diritti patrimoniali consequenziali. Restano riservate all'autorità giudiziaria ordinaria le questioni pregiudiziali concernenti lo stato e la capacità dei privati individui, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio, e la risoluzione dell'incidente di falso (2).
Il tribunale amministrativo regionale giudica anche in merito nei casi previsti dall'articolo 29, numeri 2) , 3) , 4) , 5) e 8) del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054.

(1) La Corte costituzionale , con sentenza 10 aprile 1987, n. 146 (in Gazz. Uff., 29 aprile 1987, n. 18), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui, nelle controversie di impiego di dipendenti dello Stato e di enti, riservate alla giurisdizione esclusiva amministrativa, non consente l'esperimento dei mezzi istruttori previsti negli artt. 421, commi 2-4, 422, 424 e 425, del c.p.c. novellati in virtù della legge 11 agosto 1973, n. 533.
(2) Comma sostituito dall'articolo 35 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come modificato dall'articolo 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205.

Art. 2058 c.c.
Risarcimento in forma specifica.
[I]. Il danneggiato può chiedere la reintegrazione in forma specifica qualora sia in tutto o in parte possibile [ 184 comma 3].
[II]. Tuttavia il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore [ 194 trans.].


Il Caso
La Regione Molise ha indetto un pubblico incanto avente ad oggetto la realizzazione di una "rete attiva di information Society e di servizi innovativi" e "l’istituzione dell’osservatorio permanente della H healt ed interscambio regionale del Programma E health del Molise", da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con l’assegnazione sino ad un massimo di 70 punti per la qualità dell’offerta e di 30 punti per il prezzo.
L’affidamento del servizio è stato definitivamente aggiudicato alla KPMG ADVISORY s.p.a. ed il 31 gennaio 2006 si è proceduto alla stipula del relativo contratto.
Avverso il provvedimento di aggiudicazione e gli atti di gara le società Engineering ed Enterprise hanno proposto separati gravami innanzi al T.A.R. Molise il quale, con le sentenze n. 1009/2006 e 1001/2006, ha accolto i ricorsi ed ha disposto l’annullamento dei provvedimenti impugnati, dichiarando la sopravvenuta inefficacia del contratto stipulato medio tempore tra la Regione e la KPMG ADVISORY.
Quest’ultima società ha impugnato al Consiglio di Stato le predette sentenze di primo grado, chiedendone la riforma o l’annullamento.


L’ordinanza di rimessione della V sezione del Consiglio di Stato all’Adunanza Plenaria

A – Conseguenze dell’annullamento dell’aggiudicazione sulla sorte del contratto
La quinta sezione del Consiglio di Stato rievoca gli orientamenti in materia, precisando che prima del D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80 erano state elaborate tre diverse tesi:
1) Secondo l’impostazione tradizionale e più risalente della giurisprudenza civile (Cass. Civ. 17 novembre 2000, n. 14901; 8 maggio 1996, n. 4269; 28 marzo 1996, n. 2842; 26 luglio 1993, n. 8346), il contratto stipulato sulla base di un’aggiudicazione illegittima è annullabile ai sensi dell’art. 1425 o dell’art. 1427 c.c. (a seconda della catalogazione dogmatica del vizio alla quale si accede); tale conclusione viene raggiunta sulla base del rilievo che le norme che regolano le procedure ad evidenza pubblica servono a consentire la corretta formazione della volontà del contraente pubblico, sicché la loro violazione implica un vizio del consenso manifestato dalla pubblica amministrazione o, secondo un’altra ricostruzione, ne rivela l’incapacità a contrarre.
2) Secondo una diversa ricostruzione, il contratto concluso in esito ad un’aggiudicazione illegittima è affetto da nullità assoluta ai sensi dell’art. 1418, comma 1, cod. civ., per violazione di norme imperative (Cons. St., sez. V, 5 marzo 2003, n. 1218; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 29 maggio 2002, n. 3177), attesa la natura inderogabile delle disposizioni che regolano la selezione del contraente privato ai fini dell’affidamento di un appalto pubblico.
3) La prevalente giurisprudenza amministrativa, già prima delle recenti riforme introdotte con il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 e con la legge 21 luglio 2000, n. 205 (che hanno esteso l’ambito della giurisdizione esclusiva amministrativa alle controversie aventi ad oggetto le procedure di affidamento degli appalti pubblici ed il novero dei pertinenti poteri di cognizione e di condanna) ha preferito ricostruire la fattispecie in termini di caducazione del contratto per effetto dell’annullamento della presupposta aggiudicazione (Cons. St., sez. V, 25 maggio 1998, n. 677; sez. V, 30 marzo 1993, n. 435), negando così ogni ipotesi di invalidità del negozio giuridico, connettendo la sola conseguenza dell’inefficacia all’eliminazione del provvedimento conclusivo della sequenza procedimentale pubblicistica che ha preceduto la sua conclusione e, soprattutto, escludendo che la stipula del contratto determinasse la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione del ricorso contro l’aggiudicazione (Cons. St., sez. VI, 21 ottobre 1996, n. 1373).
Successivamente al D.Lgs. 31 marzo 1998 n. 80, l’impostazione prevalente dell’inefficacia del contratto è stata precisata ed integrata dalla giurisprudenza della quinta, sesta e quarta sezione del Consiglio di Stato.
In particolare:
1) La V Sezione ha ribadito la tesi dell’efficacia caducante nel caso di annullamento degli atti della procedura amministrativa, in forza del rapporto di consequenzialità necessaria tra la procedura di gara ed il contratto successivamente stipulato, e, mantenendo ferma l’adesione alla teoria della caducazione automatica, ha ritenuto che i termini della questione debbano essere ricostruiti alla luce della categoria dell’inefficacia successiva, da intendersi quale "inidoneità funzionale" del programma negoziale a spiegare ulteriori effetti successivamente alla pronuncia di annullamento (cfr. Cons. Stato, V, 14 dicembre 2006, n. 7402; id., 29 novembre 2005, n. 6579; id., 28 settembre 2005, n. 5194; id., 11 novembre 2004, n. 7346; id., 28 maggio 2004, n. 3465).
2) La VI sezione (Cons. St. sez. VI, 5 maggio 2003, n. 2332; sez. VI, 30 maggio 2003, n. 2992) ha, in particolare, ascritto la fattispecie allo schema della caducazione automatica, che comporta la necessaria ed immediata cessazione dell’efficacia del contratto per il solo effetto dell’annullamento dell’aggiudicazione (senza bisogno, cioè, di pronunce costitutive), sulla base del rilievo della sussistenza di una connessione funzionale tra la sequenza procedimentale pubblicistica e la conseguente stipula del contratto che implica, in analogia alle fattispecie privatistiche del collegamento negoziale, la caducazione del negozio dipendente, nel caso di annullamento di quello presupposto (cfr. anche Cass. Civ., Sez. I, 27 marzo 2007 e 26 maggio 2006, n. 12629).
3) La IV sezione (Cons. St., sez. IV, 27 ottobre 2003, n. 6666) ha, invece, optato per la diversa catalogazione della fattispecie in termini di inefficacia sopravvenuta relativa, che comporta la cessazione degli effetti del contratto non in via automatica, ma per effetto della necessaria iniziativa giurisdizionale del contraente pretermesso (unico legittimato ad invocarla in suo favore) e con il duplice limite della buona fede dei terzi, in applicazione analogica degli artt. 23, comma 2, e 25, comma 2 cod. civ. (nel medesimo senso anche Cons. St., sez. VI, n. 2992/03 cit.), e dell’eccessiva onerosità della sostituzione del contraente per la pubblica amministrazione, debitrice nella relativa domanda di reintegrazione in forma specifica, ai sensi dell’art. 2058 c.c..
In tale scenario, la quinta sezione del Consiglio di Stato ha ritenuto necessario rimettere la questione alla Adunanza Plenaria al fine di precisare:
a) natura giuridica e valenza sostanziale dell’aggiudicazione. Infatti, la disamina delle conseguenze dell’annullamento dell’aggiudicazione non può prescindere dalla necessaria qualificazione di quest’ultima, dalla verifica della portata dei suoi effetti e dalla conseguente ricostruzione del vincolo che la lega al contratto: in mancanza di tale, presupposta ricostruzione dogmatica risulta arduo, se non impossibile, pervenire ad una soluzione della questione, coerente con il sistema.
b) la categoria civilistica nella quale rientra l’inefficacia del contratto conseguente all’annullamento dell’aggiudicazione. Nell’ordinamento civile l’inefficacia non è, infatti, una categoria dogmatica ma fattuale, nel senso che indica la sola conseguenza della perdita degli effetti di un negozio giuridico in alcune fattispecie tipicamente previste (nullità, annullabilità o simulazione del negozio giuridico; risoluzione o rescissione del contratto; verificazione della condizione risolutiva od omessa verificazione di quella sospensiva, scadenza del termine) e non anche la causa dell’originaria o sopravvenuta inidoneità del negozio a produrre i suoi effetti (legali e negoziali).
B - Giurisdizione
L’ordinanza di rimessione del 28 marzo 2008 riguarda una decisione assunta nella Camera di Consiglio del 29 maggio 2007, quindi antecedente alla decisione della Corte di Cassazione, SS.UU., 28 dicembre 2007 n. 27169, con cui è stata attribuita al giudice ordinario la giurisdizione in materia di dichiarazione di nullità e/o inefficacia del contratto di appalto, conseguente all’annullamento in sede giurisdizionale dell’aggiudicazione della gara.
Nell’ordinanza di rimessione, pertanto, non si tiene conto di tale importante precedente.
La quinta sezione del Consiglio di Stato lega la questione della giurisdizione alle diverse soluzioni offerte in merito alla sorte del contratto stipulato in seguito ad una aggiudicazione illegittima e poi annullata.
Nell’ipotesi in cui la soluzione preferita richieda la pronuncia di decisioni costitutive (annullamento, risoluzione del contratto) è necessaria la proposizione di domande intese a conseguire una decisione che elimini gli effetti del contratto mentre sarebbe precluso ogni apprezzamento incidentale della sua efficacia. Occorrebbe, quindi, verificare se l’ambito di giurisdizione esclusiva disegnato dall’art. 6 L. n. 205/2000, letteralmente circoscritto alle controversie aventi ad oggetto le procedure di affidamento di appalti pubblici, possa estendersi, in via interpretativa, fino a comprendere anche il sindacato diretto dell’invalidità e dell’inefficacia del contratto e, soprattutto, la potestà di adottare pronunce costitutive (quali l’annullamento o la risoluzione).
Nell’ipotesi, invece, in cui si ritenga che l’inefficacia del contratto si produca automaticamente, come nei casi della nullità o della caducazione automatica, tale conseguenza andrebbe accertata con pronunce dichiarative e quindi potrebbe essere accertata anche in via incidentale.
In questo caso occorrerebbe ulteriormente distinguere due diverse situazioni processuali: 1) è stata presentata una domanda diretta ad ottenere una pronuncia dichiarativa; 2) non è stata presentata, ma è stata formulata una domanda di reintegrazione in forma specifica che postula l’accertamento incidentale dell’inefficacia del vincolo contrattuale (che costituisce il presupposto indefettibile dell’invocata sostituzione del contraente). Nel caso sub 1) valgono le stesse considerazioni svolte a proposito delle pronunce costitutive - non ravvisandosi, al riguardo, differenze significative, quanto alla giurisdizione, tra le ipotesi di pronunce dichiarative e quelle di pronunce costitutive.
Nella situazione descritta sub 2) non pare, invece, dubbio, ad avviso del Collegio, che il giudice amministrativo sia dotato della relativa competenza giurisdizionale, anche se, occorre precisare, non ai sensi dell’art. 6, ma dell’art. 7 della legge n. 205 del 2000.
La quinta sezione rimette, quindi, alle valutazioni dell’Adunanza Plenaria l’ulteriore questione relativa all’individuazione dei limiti in cui sussista la giurisdizione amministrativa in merito all’accertamento, diretto e incidentale, delle questioni relative alla validità ed all’efficacia del contratto d’appalto ed alla pronuncia delle relative decisioni (costitutive e dichiarative).
C – Applicabilità degli artt. 23 e 25 c.c.
Per quanto riguarda l’eventuale salvezza, ai sensi degli artt. 23 e 25 cod. civ., dei diritti dell’impresa che, in base al provvedimento annullato e in situazione di buona fede, sia risultata aggiudicataria della gara ed abbia poi stipulato il relativo contratto, a seguito dell’annullamento in sede giurisdizionale della determinazione di aggiudicazione della gara, la quinta sezione del Consiglio di Stato osserva che in alcune decisioni (Cons. St., sez. VI n.2992/03; sez. IV, n.6666/03, cit.) si è, in particolare, sancita l’applicabilità dei medesimi principi alla vicenda considerata, sulla base del rilievo dell’identità di ratio e della qualificazione della pubblica amministrazione come persona giuridica ai sensi dell’art.11 cod. civile.
La quinta sezione del Consiglio di Stato, tuttavia, osserva che l’applicabilità degli artt. 23 e 25 c.c. non appare così sicura (come ritenuto nelle decisioni menzionate) e potrebbe essere esclusa sulla base di alcuni rilievi, l’apprezzamento della cui fondatezza è necessario rimettere alla valutazione dell’Adunanza Plenaria.
Innanzi tutto, bisogna verificare se le disposizioni richiamate, dettate per le persone giuridiche private, esprimano un principio generale che ne consenta l’estensione anche ai provvedimenti della pubblica amministrazione, come persona giuridica pubblica.
Occorre poi valutare se il contraente dell’amministrazione possa considerarsi terzo e quindi godere del inopponibilità dell’annullamento delle delibere viziate.
Ancora, deve essere risolta la questione relativa all’applicabilità di una norma che disciplina gli effetti di delibere di organi collegiali a provvedimenti amministrativi adottati dà funzionari o dirigenti e, quindi, privi del carattere della collegialità.
Infine, merita un chiarimento la questione relativa alla configurabilità o meno della buona fede (come condizione psicologica presunta), nel caso in cui il ricorso contro l’aggiudicazione sia stato notificato all’impresa aggiudicataria prima della stipula del contratto.
D - Condanna della pubblica amministrazione al rilascio di un provvedimento favorevole al ricorrente
La quinta sezione del Consiglio di Stato rileva che, tradizionalmente, il problema è risolto in senso negativo cfr. ex multis Cons. St., sez.V, 18 maggio 1998, n.612) sulla base del rilievo ostativo della riserva di amministrazione che impedisce la sostituzione del giudice in valutazioni di esclusiva spettanza dei pubblici poteri.
Tuttavia, la questione presenta profili inediti in seguito alla recente attribuzione al giudice amministrativo, da parte dell’art. 7 della legge n. 205 del 2000 (che ha modificato l’art. 7 della legge 6 dicembre 1971, n.1034), del potere di condannare l’amministrazione al risarcimento del danno, non solo per equivalente ma anche mediante reintegrazione in forma specifica.
Quest’ultima modalità ripristinatoria postula, evidentemente, la preesistenza nel patrimonio del danneggiato della situazione soggettiva della quale si chiede la restituzione in forma specifica, sicchè l’ammissibilità di tale tecnica di risarcimento va coordinata con la tradizionale distinzione degli interessi legittimi nella duplice categoria di interessi oppositivi e pretensivi. Per questi ultimi, che presuppongono la mancanza del bene della vita al conseguimento del quale l’interesse legittimo si pone come strumentale, appare più dubbia l’ammissibilità dell’assegnazione di una posizione di vantaggio che l’interessato non aveva ancora acquisito nella sua sfera patrimoniale e che, quindi, non poteva essere sacrificata dall’azione amministrativa.
In particolare, all’indirizzo del quesito dell’ammissibilità della tecnica riparatoria in esame per la lesione di interessi pretensivi possono ipotizzarsi tre risposte: 1) non è mai possibile accordare tale tipo di tutela - che si risolverebbe in un’inammissibile sostituzione del giudice alla pubblica amministrazione; 2) è sempre possibile - in quanto strumento di tutela ammesso dal legislatore in via generale per la lesione degli interessi legittimi; 3) è possibile solo nei riguardi di attività amministrativa vincolata, quando l’esito, cioè, dell’ulteriore azione provvedimentale risulta pronosticabile sulla base di parametri certi e di criteri matematici (come, ad esempio, l’aggiudicazione alla seconda classificata di una procedura di gara indetta con il criterio del massimo ribasso, quando l’impresa vincitrice avrebbe dovuto essere esclusa).
Le prime due soluzioni vanno rifiutate in quanto, per il carattere assoluto delle rispettive conclusioni, impediscono di discernere, in concreto, i presupposti e gli esiti dell’attività amministrativa incisa dalla condanna reintegratoria.
Anche la terza, tuttavia, nonostante lo sforzo di conformare le relative conclusioni alla duplice esigenza di rispetto della sfera di competenze riservata all’amministrazione e di garanzia dell’utilità e dell’efficacia della tecnica risarcitoria in esame, si presta a rilievi critici.
In ogni caso, ciò che la quinta sezione del Consiglio di Stato reputa di escludere, in sintesi, è l’ammissibilità, ad ordinamento vigente, di una condanna dell’amministrazione ad un facere, da ritenersi circoscritta alle limitate ipotesi del rito speciale sull’accesso ai documenti amministrativi (art. 25, comma 6, legge 7 agosto 1990, n. 241) e sul silenzio (art. 21-bis, comma 2, legge n. 1034/1971).
Chiarirà, in definitiva, l’Adunanza Plenaria se sia ammissibile la condanna della pubblica amministrazione all’adozione di un determinato provvedimento e, in caso di risposta affermativa a tale quesito, a quali condizioni possa pronunciarsi un ordine siffatto.
E - Quali sono i presupposti di applicabilità dell’art. 2058 c.c., per quanto riguarda il limite dell’eccessiva onerosità, al fine della reintegrazione in forma specifica del danno ingiusto
Si rimette, infine, alla Adunanza Plenaria l’individuazione dei parametri secondo cui deve essere valutato, nel giudizio ordinario (se si ammette ivi la condanna dell’amministrazione ad un facere) o in quello di attuazione del giudicato (se si ammette, come ritiene la Sezione, il cumulo delle relative azioni), il limite stabilito dall’art. 2058 cod. civ. alla praticabilità della reintegrazione in forma specifica e, in particolare, se l’eccessiva onerosità per l’amministrazione della sostituzione dell’appaltatore in corso di rapporto debba essere valutata sulla base delle sole allegazioni della parte committente e dell’interesse pubblico alla corretta esecuzione dell’appalto (come ritenuto da T.A.R. del Lazio, sez. III ter, 13 febbraio 2003, n.962), ovvero se tali apprezzamenti competano al sindacato discrezionale del giudice (svincolato, come tale, dalle – altrimenti stringenti – valutazioni espresse dall’amministrazione interessata) e se debbano comprendere tutti gli interessi coinvolti (e non solo quello pubblico).
I quesiti rimessi all’Adunanza Plenaria in sintesi
Si riassumono, in sintesi, le questioni deferite all’Adunanza Plenaria:
a) la sorte del contratto d’appalto stipulato sulla base di un’aggiudicazione annullata;
b) la sussistenza della giurisdizione amministrativa, con riferimento alle domande ed al corrispondente tipo di decisioni al riguardo proponibili;
c) l’applicabilità alla fattispecie considerata degli artt. 23 e 25 cod. civ.;
d) l’ammissibilità, nel giudizio di cognizione, della condanna della pubblica amministrazione al rilascio di un provvedimento favorevole al ricorrente;
e) i presupposti di applicabilità dell’art. 2058 cod. civile.

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